LE GLORIE DI SCANNO, QUANDO IL FUOCO È IL VERO PROTAGONISTA

La festa di San Martino è uno dei momenti dell’anno che più ci ricorda da vicino i festeggiamenti dell’antico Capodanno pagano, quando la vita si svolgeva secondo il calendario agricolo. La giornata di San Martino, concludeva infatti il ciclo dei festeggiamenti di dieci giorni del nuovo anno agrario. Il Capodanno pagano o ““Capetièmpe””, secondo il dialetto abruzzese, si apriva il 31 ottobre, in seguito adattato alla ricorrenza di Ognissanti,  e si concludeva appunto il giorno di San Martino.
In Abruzzo si festeggia in diverse località questa giornata, e nei vari paesi le varie popolazioni  hanno mantenuto le proprie tradizioni che fanno parte del proprio bagaglio culturale.  Anche se molte  usanze sono state recuperate in epoche odierne,  hanno  però attestato il bisogno dell’uomo  di  riappropriarsi di quei costumi che hanno strutturato nei secoli la loro identità..
Il fuoco e uno degli elementi caratterizzanti i festeggiamenti della giornata di San Martino, soprattutto a Scanno, un dei paesi più fotografati in Abruzzo e che fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia.
Qui a Scanno, il fuoco è il protagonista indiscusso della giornata, a lui dedicano il loro tempo, la loro energia le tre contrade del paese: Cardella, la Plaia e San Martino, ognuna delle quali si contende “lo scettro” del “fuoco più spettacolare”!
Palanconi di legno altissimi, fino ai diciotto, venti metri, dentro i quali vengono inserite legna e altro materiale da ardere, la cosiddetta “Gloria” viene così preparata almeno un mese prima della sua accensione il giorno antecedente la festa di San Martino.
La tradizione delle Glorie, affonda le sue origini negli antichi culti pagani dove il fuoco era utilizzato nelle cerimonie di purificazione e di rinnovamento, anche se ad oggi non abbiamo una datazione certa di questa manifestazione.
I diversi elementi ritualistici della giornata, come ad esempio l’abitudine dei ragazzi di “tingersi il viso con il nero della fuliggine prima di iniziare a ballare e cantare intorno al fuoco agitando grossi campanacci” fanno parte di quei cerimoniali dedicati alla natura e all’evocazione di quelle forze oscure da cui dipendeva la vita vegetale e di conseguenza dell’uomo.
Una volta bruciate le Glorie, i Palanconi bruciati vengono consegnati alla prima futura sposa del proprio rione d’appartenenza, mentre i vari gruppi si riuniscono poi nella piazza dove si darà il via agli sfottò.
Un ciambellone con una moneta inserita nell’impasto riservato ai bambini è un altro elemento della tradizione quale buon auspicio che richiama i riti della fertilità e della buona sorte.
Il fuoco, la sposa, i campanacci, i canti, i visi dipinti di nero, il dolce con la moneta, sono tutte rappresentazioni derivanti da antiche civiltà in cui ogni elemento assume un carattere simbolico di un mondo invisibile governato da divinità a cui spettava il compito di decidere il destino degli uomini.
Così come “La Sposa Novella rappresenta, per una similitudine di condizione, la giovane Grande Madre sacrificata per il bene comune nelle oscurità del sottosuolo, dove ha assunto la funzione di padrona e dispensatore delle ricchezze, così come i bambini di casa, premiati con la Moneta nascosta nel Dolce, sono il tramite tra il mondo degli uomini e quello dell’eterno ritorno alla giovinezza divina che passa ovviamente attraverso i morti.”
Quella delle Glorie è una rappresentazione unica nel suo genere e che ci mostra aspetti delle nostre origini che il tempo e “la modernità” hanno in qualche modo cancellato. Mantenere vive queste antiche tradizioni significa conoscere e riconoscere “chi siamo” e fortificare le proprie radici, da sempre simbolo di forza e prosperità.

 

Rossella Tirimacco

Citazioni –  Maria Cocetta Nicolai – “Abruzzo 150 Antiche Feste”