DALLA DEA ANGIZIA A SAN DOMENICO: IL 1° MAGGIO TORNA IL RITO DEI SERPARI A COCULLO

«Le primavere marsiche
riscintillan ne i palpiti
del giovin sole vivido
a dissonnar le vipere…»

Inno a san Domenico abate

 

Dopo 2 anni di fermo di gran parte delle manifestazioni sacro-religiose che contraddistinguono il nostro Paese, con la fine dello stato di emergenza, i suoni e colori  della natura si riappropriano dei loro spazi  e con essi tornano gli eventi e i riti  che fanno parte della nostra storia e cultura.

Torna così il 1° maggio, giorno dedicato a San Domenico, il rito dei serpari a Cocullo, una delle manifestazioni più antiche e caratteristiche del nostro Paese.

Il culto di Angizia

Candidato presso l’UNESCO come Patrimonio immateriale dell’umanità, il rito dei serpari  è un culto che affonda le sue radici ai riti dei popoli italici  e al culto della dea Angizia, la dea che con il canto riusciva a dominare i serpenti e comandarli secondo la sua volontà.  Adorata dai Marsi, dai Peligni e da altri popoli osco-umbri, Angizia, secondo il mito aveva scelto come sua dimora le sponde del lago Fucino. Dai Marsi, era considerata più una maga che una dea, e da essa appresero  la conoscenza dell’uso delle erbe curative, soprattutto quelle contro i morsi di serpente. Dai romani veniva spesso associata alla Bona Dea.

Nei secoli, con la trasformazione dei culti e delle religioni, nuove culture si sostituirono ad altre, e con  l’avvento del cristianesimo  il rito dei serpari finì con il  soppiantare il culto pagano della dea Angizia.  Difficile stabilire quando avvenne la trasformazione dal culto di  Angizia a quello di San Domenico, secondo la tradizione locale, il santo cavandosi il dente e donandolo alla popolazione di Cocullo, fece scaturire in essa una fede che andò a soppiantare appunto il culto pagano dedicato alla dea.

Chi era San Domenico?

San Domenico abate, era un monaco benedettino di Foligno che attraversò il Lazio e l’Abruzzo fondando monasteri ed eremitaggi intorno all’anno Mille. A Cocullo si fermò per sette anni, lasciando appunto un suo dente e un ferro di cavallo della sua mula, che divennero delle reliquie. Secondo alcune ricostruzioni storiche e antropologiche sembra il culto del santo nacque  dopo la sua morte, a seguito del suo soggiorno  nel monastero di San Pietro di Lacu, vicino Villalago, dove fondò l’eremo sul lago, e passando poi per Cocullo, avrebbe protetto gli abitanti dal morso delle serpi velenose, che popolavano in quantità la valle, insieme ad altre bestie feroci, come il cane idrofobo con la rabbia, contro cui il santo è protettore.

Il rito

Proprio per la sua particolarità ritualistica a tratti magica e oscura, unica nel mondo, la manifestazione richiama ogni anno migliaia di persone: fedeli in pellegrinaggio, semplici visitatori, studiosi di antropologia, fotografi, cineamatori, operatori televisivi, da ogni parte d’Italia e dall’estero. La religiosità si manifesta in modo particolare con l’offerta di serpi (colubri, lattari, biscie, ecc.). al protettore San Domenico Abate, incoronato dai “Serpari” per la processione nelle strade del paese.

La mattina della ricorrenza, nella chiesa dedicata al santo, i fedeli tirano con i denti una catenella per mantenere i denti stessi in buona salute e poi si mettono in fila per raccogliere la terra benedetta che si trova nella grotta dietro la nicchia del santo. La terra sarà poi tenuta in casa come protezione dagli influssi malefici, sparsa nei campi per allontanare gli animali nocivi oppure sciolta nell’acqua e bevuta per combattere la febbre.

 

Non poche le credenze in merito ad una probabile valenza taumaturgica e miracolosa per cui chi era stato morso da serpenti, cani con la rabbia o altri animali velenosi, potesse guarire dopo essere stato scosso da fortissime convulsioni epilettiche, segno evidente che per opera del santo il sangue aveva rigettato il veleno. La processione di San Domenico è il momento conclusivo e più suggestivo di una festa che inizia già alcuni giorni precedenti il primo di maggio, quando i cosiddetti Serpari si recano nelle montagne circostanti il paese per catturare i serpenti, naturalmente non velenosi, che vengono poi posti in cassette di legno per essere liberati solo nel giorno della processione.

 

Pubblicato da Redazione