L’ABRUZZO DA SCOPRIRE: JUVANUM, LA CITTÀ DEGLI ANTICHI CARRICINI

 

Eravamo passati diverse volte lungo la strada provinciale 132, lo stabile che scorgevo da lontano, con quello strano tetto a piramide, aveva attirato più volte la mia attenzione. Mi chiedevo infatti, il senso di quella strana forma architettonica sulla cima di una montagna a 1000 metri d’altezza.
La prima spiegazione che mi ero data, attribuiva quel tetto alle condizioni climatiche e alle nevicate copiose, ma la cosa non mi convinceva del tutto, poiché nessuna casa nei paesini nei dintorni,aveva utilizzato quel tipo di pendenza.
Così, in uno dei nostri viaggi di esplorazione delle bellezze d’Abruzzo, quello stabile a piramide finalmente “si rivelò”.
Avevamo deciso infatti di visitare il Parco Archeologico di Juvanum, quando, all’ingresso del Parco Archeologico, compresi che lo stabile, altri non era che il Museo sulla Storia e Trasformazione del Paesaggio annesso al Parco stesso.

         Il museo l’annesso Parco Archeologico

Anche in quest caso, mettiamoci comodi sulla nostra “macchina del tempo” immaginaria, e iniziamo ad osservare questa terra abitata sin dall’età del bronzo, lentamente compaiono le immagini dei Carricini, una delle tribù del popolo Sannita. Questi vivevano stanziati in piccoli villaggi fortificati fra i monti Pidocchio, Montenerodomo, Colle serra, Colle della Guardia e monte Maio. Unico popolo italico a non avere schiavi, i Carricini erano grandi guerrieri che vivevano di pastorizia, di agricoltura e di caccia.

L’antica Juvanum fu fondata appunto dai Carricini, il popolo di lingua osca e, poi dal I secolo a.C divenne municipio romano, ascritto alla tribù Arniense e gestito da quattuomviri.
Non si hanno notizie certe sull’origine del nome, ma è plausibile un collegamento con i giochi e con la gioventù, da cui appunto il nome “Juvanum”.
Di Juvanum non è rimasto granché oggi, ma ciò che è emerso ci dà un’idea della bellezza di un tempo di questa meravigliosa città. Il foro, dove oggi al centro vediamo un grande albero di faggio, era il centro dell’antica città, un grande spazio rettangolare circondato da botteghe artigianali e commerciali, era questo il cuore della vita cittadina, era il luogo dove si riunivano le persone e si facevano affari.

 Il grande albero di acero campeggia al centro di quello che un tempo era il Foro…

Un’ iscrizione pavimentale con lettere in bronzo fuse nella pietra su tre righe caratterizzava la piazza, era dedicata ad un uomo politico, un tale Herennius Capito che nella metà del I sec. d.C realizzò la pavimentazione a sue spese il foro. Sulla sommità dell’acropoli era stato edificato un tempio, ma per assenza di statue di culto e di iscrizioni si ignora quali fossero le divinità dei santuari, forse Ercole, Iside o Diana.
Ad est dell’acropoli,possiamo ammirare le prime sette file di gradini e l’orchestra a pianta semicircolare poste a testimonianza di un teatro. Immagino una delle sere d’estate, con il cielo tempestato di stelle, mentre gli antichi Carricini sedevano qui su questi gradini intenti ad assistere ad una rappresentazione teatrale.

La città, data la sua ottima posizione geografica, e la ricchezza delle acque, divenne un importante incrocio fra antichi tratturi. L’ampio territorio, infatti, era condiviso per la pastorizia con i popoli vicini: Marruccini a nord, Frentani a est, Peligni a ovest e Pentri, anch’essi sanniti, a sud. Gli incontri con altri popoli, diventavano così un mezzo di arricchimento non solo dal punto di vista economico, ma anche culturale. La condivisione di sport, cultura, gioco, religione erano infatti una delle componenti che contraddistinguevano la storia delle donne e degli uomini in questo luogo.
Il forte terremoto del 346 d.C. che distrusse molte città della regione, segnò inevitabilmente anche il destino di Juvanum- che sopravvisse fino al IX sec. d.C. quando a seguito delle continue incursioni barbariche, la città si spopolò e cercò di difendersi realizzando nuove costruzioni e centri fortificati sulle rocche. Nacquero così i castelli di Montenerodomo e di Torricella Peligna.

In seguito, l’arrivo dei benedettini, seppur per un breve periodo, riportò un la vita sull’altopiano. Sulla spianata dei templi fu edificato il monastero di S. Maria del Palazzo di cui sono ancora visibili i resti.
Fa un certo effetto camminare su queste strade “basolate”, ogni pietra conserva secoli di memoria. Sembra quasi di sentire in lontananza il vocio della folla che si muove all’interno del foro.
Basta chiudere un po’ gli occhi e poi riaprirli, che di colpo tutto il paesaggio entra in movimento rendendoci partecipi di una storia che fa parte del nostro passato.
Come in un film, qui a Juvanium possiamo assistere ad un kolossal che narra la storia di una grande tribù di lingua osca, erano i Carricini.
La loro memoria scomparve nel tempo, sepolta sotto strati di terra, di fango e di erbe. Poi avvenne qualcosa, e ciò che era sepolto, tornò sopra le terra per rendere testimonianza di ciò che era.
Juvanum è lì… e vuole raccontare le sue storie a chi sarà in grado di ascoltarle… magari sta aspettando proprio te…

Rossella Tirimacco

 

 

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