FUOCHI E FANTOCCI BRUCIATI: RITI MAGICI O MEMORIE DI ANTICHI SACRIFICI?

I “fuochi di primavera” che vengono accesi nella piazza Maggiore di Sulmona

 

La tradizione di bruciare o di annegare nell’acqua un fantoccio di forma umana o animale sul finire dell’inverno, secondo alcuni ha radici profonde e remote che ci riportano alla preistoria dell’uomo. Secondo gli studiosi, questa cerimonia doveva essere un rituale magico per scacciare la cattiva stagione e invocare l’arrivo della primavera con i suoi frutti, ma anche un rito di propiziazione. Altri autori lo considerano un rito di fertilità e di fecondità, praticato dalle popolazioni già nel Paleolitico e nel Neolitico, che offrivano alle divinità della natura dei veri sacrifici,anche umani, sostituiti in seguito da fantocci. Successivamente questo rituale si è spostato anche in altre periodi dell’anno (inizio anno, carnevale, estate, autunno).

Villalago: “le fanoglie”

Il fantoccio acceso, ma anche i “semplici” falò, secondo alcuni, rappresentano la miseria della stagione passata, la fame, le disgrazie, le malattie, le ingiustizie subite, il rifiuto di un passato negativo, l’augurio di un futuro promettente per la campagna e per la vita. Molto probabilmente la “pupa”, i giganti, i pupazzi zoomorfi costituivano un elemento di primaria importanza nel quadro delle feste di inizio di un ciclo stagionale (primaverile o invernale).

Chieti: Il Majo è una festa agreste, propiziatoria e di rinnovamento. Il giorno del 1° Maggio si festeggia la rigenerazione della natura e della vita animale e il ristabilirsi degli equilibri naturali.

La sua apparizione, in un rigoglio di movimento e di allegria che bene s’intona a tutto il risorgere o morire della natura, poteva ben propiziare, per magia simpatica, il felice andamento dei prodotti della terra e delle sorti della comunità. Alcuni studiosi vogliono vedere in queste pupe o fantocci vari accesi e nei giganti, le reminiscenze di vecchie usanze con orrendi e crudeli rituali sacrificali umani che i popoli antichi facevano in varie occasioni festive, come ad esempio i Galli nella festa Beltaine (o Beltane) il primo giorno di maggio.

 

I Faugni, tradizionale evento che si tiene ad Atri in provincia di Teramo la notte dell’8 dicembre

 

Qualche studioso ha voluto invece vedere in questi fantocci, un possibile mutamento dei sacrifici umani che, perché troppo cruenti, venivano scoraggiati per realizzare sacrifici con animali e in alcuni casi con primizie del lavoro o con altri oggetti. I sacrifici umani con i fantocci sono documentati in vari autori antichi. Giulio Cesare afferma: “Hanno dei grandi fantocci dalle pareti di vimini, che riempiono di uomini viventi; vi appiccano il fuoco, e gli uomini vi muoiono, avvolti dalle fiamme ” (De Bello Gallico, VI, 16). Marco Anneo Lucano dice la stessa cosa al proposito: “Viene bruciato un certo numero di uomini in una gabbia di legno”.  Strabone afferma che i Galli “…fabbricavano un colosso con del legno e del fieno, vi chiudevano degli animali selvaggi e domestici come pure degli uomini, e bruciavano il tutto. Fin dall’antichità sono attestati rituali attuati con fantocci al fine di portare benefici o malefici alle persone che ne vengono fatte oggetto. Quasi sempre con l’accensione e/o l’uso di fantocci si associa l’uso di consumare bevande e cibi in comunità, di ballare e cantare. L’atto di bruciare il pupazzo, ovvero il simbolo, per diversi autori significa eliminare il vecchio e al contempo “fertilizzare”, per permettere dal vecchio la nascita del nuovo.

 

Fara Filiorum Petri omaggia il giorno di Sant’Antonio con le “farchie”. il carattere calendariale della festa che coincide con il periodo invernale: il fuoco purificatore, allontana il male, preparando l’ascesa dell’astro solare necessaria per nuovi e abbondanti raccolti.

 

Tradizionalmente questo evento di festa si svolgeva in contemporanea con l’incendio della stoppia nei campi a fine raccolto per dare cenere al terreno, renderlo fecondo e liberarlo dai semi infestanti e da insetti o piccoli animali nocivi. Oggi invece la ‘pupazza’ viene bruciata piu che altro per il piacere dei turisti, per concludere in allegria un ciclo di feste patronali, per salutare gli emigranti che a vacanze finite tornano all’estero portando negli occhi i bagliori di questi ultimi fuochi del paese d’origine.

Cappelle sul Tavo- Palio delle Pupe

Nell’Italia centrale essa assume varie denominazioni: pupa di cartapesta, nei paesi della provincia di Pescara e di Chieti; pupa, pucca, pupazza o pucchella nell’Abruzzo Aquilano; pupazza, pantasema (o pantasima) nell’Abruzzo reatino; pantasima di canne e carta, nella Valle del Turano, nell’area umbra della provincia di Rieti; pupazza o pantasima o pucciacchera nella Sabina reatina e marmotta nel versante romano dei Monti Simbruini.

 

San Salvo- Fuoco di San Tommaso

Purtroppo molti anziani, preziosi custodi di queste tradizioni, nonché delle originarie modalità di realizzazione della Pupa, sono scomparsi; altri ancora sono emigrati. Perciò, se in passato esistevano varie tecniche costruttive e di rappresentazione, non essendo state tramandate a sufficienza, per l’una e per l’altra ragione, oggi queste tendono a scomparire, mantenendo però una certa uniformità di costruzione.

Villa San Sebastiano (Aq) “la Pupazza”

La fabbricazione della ‘pupazza’ è un vero e proprio rituale: anticamente costruita su un telaio di canne e materiali poveri, attualmente viene comunemente realizzata con materiale ignifugo o alluminio che non si scompone con il calore e sul quale reca un “Castello” di petardi e giochi pirici. I realizzatori sono professionisti, in genere il fuochista della ditta di fuochi d’artificio contattata per la manifestazione, che considera il fantoccio parte integrante del servizio pirotecnico che gli viene commissionato, oppure artigiani o “artisti” locali, o più semplicemente dai ragazzi del posto, spesso in concorrenza tra loro, ed è tenuta nascosta, fino al momento della sfilata in piazza e del ballo.

 

Pubblicato da Giada Balassone

 

Citazioni e fonti: Cfr. E. Ricci,Festa del majo tra passato e presente.

Mammoccia, San Benedetto dei Marsi di Gabriele Tardio

Elementi caratterizzanti il Palio delle Pupe ”

Foto: Dal web