Molti conosceranno o avranno sentito cantare il “Dies Irae”, una sequenza in lingua latina, attribuita appunto a Tommaso da Celano, uno dei primi seguaci e biografo di San Francesco. Di lui si hanno poche notizie, egli scrive su di sé poco o nulla nelle biografie dell’Assisiate. Possediamo più informazioni dalle cronache e da altre fonti che lo nominano. Di lui sappiamo che nacque a Celano nel 1190 circa, fu un nobile, un erudita, un sacerdote, un frate francescano accolto dallo stesso san Francesco nell’Ordine minoritico nell’anno 1215 circa. Divenne missionario in Germania dal 1221, per promuovere un nuovo ordine francescano e nel 1223 divenne custode e poi vicario di quella provincia religiosa, ma è soprattutto come il padre dell’agiografia francescana che sarà ricordato. Infatti fu lui l’autore della prima biografia del santo d’Assisi – Vita beati Francisci – voluta dal papa Gregorio IX e dal vicario generale d’allora, frate Elia, che vide la luce e l’approvazione ufficiale all’inizio nel 1229. E poi successivamente della Vita beati patris nostri Francisci, risalente a poco prima del 1239 (fu voluta dal generale dell’Ordine frate Elia), ed è stata recentemente scoperta nel 2015 da Jacques Dalarun e presentata al mondo francescano ed accademico.
Una volta tornato in Italia, circa due anni dopo la sua missione in Germania, assistette in prima persona a due eventi straordinari nel mondo cristiano: la morte di Francesco d’Assisi e la sua successiva proclamazione a santo.
Il suo ultimo incarico fu come direttore spirituale nel convento delle Clarisse in Val de Varri nei pressi di Tagliacozzo (in provincia dell’Aquila) dove morì attorno al 1265. Venne sepolto nella chiesa del monastero delle clarisse di San Giovanni in Barri, alle pendici del monte Sant’Angelo, sul versante abruzzese della Val de’ Varri (Sante Marie), dove aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita. In seguito il corpo venne spostato nella chiesa di San Francesco a Tagliacozzo dove tuttora si trova.
Il Dies Irae
La sequenza liturgica, che prende nome dalle parole iniziali è composta da 17 strofe di tre versi rimati, più sei versi di chiusa. Rappresenta prima l’ansia del peccatore di fronte all’imminente giudizio divino, poi la graduale confidenza nella divina bontà, esaltata dalla certezza di giusta clemenza. Sono in molti a ritenerla una composizione poetica medievale tra le più riuscite. Descrive il giorno del giudizio, l’ultima tromba che raccoglie le anime davanti al trono di Dio, dove i buoni saranno salvati e i cattivi condannati al fuoco eterno. Il Dies irae è una delle parti più note del requiem e quindi del rito per la messa esequiale previsto dalla liturgia per la messa di rito tridentino, ovvero la messa del rito romano celebrata secondo i canoni del Concilio di Trento.
Nei secoli, grandi musicisti hanno interpretato questo inno nelle loro messe di requiem. La composizione di Verdi è senz’altro una delle più famose, dedicata ad Alessandro Manzoni, venne eseguita in occasione del primo anniversario della morte dello scrittore il 22 maggio 1874. Il Dies Irae non ha affascinato solo grandi musicisti classici, anche autori moderni, soprattutto metal, hanno preso in prestito la famosa sequenza come musa “ispiratrice” per un “nuovo modo di cantare il passato”. Ed è con lo spirito di un’ abruzzese DOC, ben salda alle proprie radici e al passato di questa terra, ma che ha lo sguardo rivolto al presente e al futuro, che propongo questo pezzo dei Dark Moore, tratto dall’album “The Gates of Oblivion” del 2002, un “rivisitazione” in chiave moderna del Dies Irae musicato dal buon Mozart. Antico e moderno… un filo a doppio legame di due mondi che rappresentano parte della nostra idendità!
Rossella Tirimacco
Il Dies Irae dei Dark Moore https://www.youtube.com/watch?v=JM12DB3IDdo
Citazioni e fonti:https://it.zenit.org/articles/tommaso-da-celano-primo-biografo-di-san-francesco/