LE ORIGINI DEL CULTO DI SANT’ANTONIO ABATE O “SANT’ANTONIO DEL PORCELLO”

 

 

La figura di Sant’Antonio Abate,o anche conosciuto in dialetto abruzzese come Sant’Andonie de lu porche, è una più sentite nella comunità cattolica. Diverse sono le rappresentazioni ritualistiche in tutta Italia con cui si omaggia il santo. Un santo che come vedremo “viene da molto lontano”, un santo rappresentato nell’iconografia classica con vicino a sé un maiale, un santo che viene celebrato con il fuoco. Secondo la leggenda popolare, il santo vinto il Demonio con cui lotta , lo trasforma in un maialino. Un ‘altra leggenda, invece,  vuole che il Santo guarisca un maialino, che poi lo seguirà ovunque. Ma le leggende popolari, non sono che rappresentazioni di storie più complesse e che parlano attraverso il simbolismo. Andiamo a scoprire cosa si nasconde dietro questi simboli…

 

Antonio, nasce in Egitto da una nobile famiglia, in giovane età decide di ritirarsi in un fortino ai margini del deserto, dove si dedicherà alla lettura delle Sacre Scritture e all’ascesi che lo porterà ad allontanarsi dai vari piaceri della carne per condurre una vita contemplativa. Dopo una vita trascorsa nella preghiera, muore il 17 gennaio all’età di 105 anni nella Tebaide.

Saint-Antoine-l’Abbaye, un tempo conosciuta come La Motte Saint Didier, l’abbazia.

 

Qualche secolo dopo, le sue reliquie furono traslate ad Alessandria, in seguito a Costantinopoli e infine a Motte Saint Didier, in Francia, grazie ad un gruppo di benedettini dediti alla cura dei poveri e dei pellegrini.
Durante il Medioevo l’Europa venne colpita a più riprese da diverse epidemie, tra le tante, spicca quella del 944 che esplose a Parigi, flagellata da un’epidemia gravissima “l’ergotismo” conosciuto come “fuoco sacro”. Si trattava di un’intossicazione alimentare causata dalla farina contaminata dal fungo Claviceps purpurea (segale cornuta).

          Segale cornuta

“L’attacco di questo fungo genera delle sostanze (ergotamina e simili) che provocano un’intensa vasocostrizione periferica che, nei casi più gravi, può portare alla gangrena degli arti. L’intossicazione acuta si manifesta con diarrea, vomito, coliche, cefalea, vertigini, tremori, convulsioni e accelerazione delle contrazioni uterine con conseguenti parti prematuri. L’intossicazione cronica produce difficoltà nel camminare (claudicatio intermittens), dolori muscolari, freddezza, pallore alle dita fino alla necrosi degli arti.

L’Europa venne colpita a più riprese da diversi tipi di epidemie

Inoltre la segale cornuta, contiene alcune sostanze allucinogene, simili al famoso L.S.D., pertanto è quasi certo che l’ingestione di alimenti confezionati con farina contaminata da Claviceps purpurea fosse la responsabile di molte follie e possessioni collettive, narrate da cronisti medievali. L’incidenza delle epidemie aumentò nei tempi di carestia e di piogge copiose a seguito di inverni particolarmente rigidi. In tali condizioni la segala diventava particolarmente infetta di ergot.
Questo è quanto accadeva nell’anno 1089, come riferisce il cronista Sigiberto di Genbloux: «A molti le carni cadevano a brani, come li bruciasse un fuoco sacro che divorava loro le viscere; le membra, a poco a poco rose dal male, diventavano nere come carbone. Morivano rapidamente tra atroci sofferenze oppure continuavano, privi dei piedi e delle mani, un’esistenza peggiore della morte; molti altri si contorcevano in convulsioni».”(1*)

Mathis Gothart Nithart,(Würzburg, 1480 circa – Halle, 31 agosto 1528) “Le tentazioni di sant’Antonio”

Ed è proprio a Motte Saint Didier che la presenza del corpo del santo richiamò folle di malati di ergotismo. I monaci infatti, avevano fondato una confraternita di religiosi “gli Antoniani”, che si occupavano di accogliere e curare i sofferenti provenienti da ogni dove. Non si hanno notizie precise su come e quando al santo venne attribuito il patronato dell’ignis sacer (sacro fuoco), gli unici indizi ci arrivano nelle rappresentazioni e narrazioni miracolistiche che lo descrivono con una lingua di fuoco in mano, simboleggiante il dominio sulle fiamme dell’inferno. Sappiamo però che gli Antoniani iniziarono a sviluppare pratiche empiriche per la cura dell’herpes zoster, anche mediante l’utilizzo di carne, per nutrire i pazienti debilitati e di grasso di maiale che serviva a lenire le ulcere dell’epidermide.

         La vita contadina

La probabile guarigione di alcuni ammalati portò quindi ad accrescere la fama del santo e agli attributi iconografici originari “il bastone a forma di tau con in cima la campanella eremitica”, si aggiunsero il fuoco e il maiale.
In seguito, il patronato del santo, attraverso il pensiero magico popolare, si estese dal maiale a tutti gli animali domestici, e il fuoco epidemico dell’ignis sacer lo rese preservatore dei pericoli degli incendi. Il 17 gennaio, giorno storicamente documentato , cade nel mezzo di un tempo sacrale di grande importanza per la cultura contadina, non stupisce quindi come la festività di Sant’Antonio ne divenne la più partecipata.

Sant’Antonio Abate, diviene così protettore degli animali e del mondo agricolo

 

In un mondo fatto di riti pagani, collegati a miti, eroi, divinità, l’attesa della luna di primavera scandiva il tempo del mondo rurale nell’attesa del ritorno trionfante della Gran Madre. Sant’Antonio arriva in un momento di transizione, dove l’eroe preposto alla vegetazione scende negli inferi ed Egli si sostituisce al suo posto.

In Itala, Saturno è il re della mitica Età dell’Oro, protettore dell’agricoltura e costruttore delle città. In onore dell’antica età dell’Oro dell’uomo, durante il solstizio d’inverno venivano celebrati i Saturnalia. Originariamente duravano un solo giorno, il 17 dicembre, poi un’intera settimana dal 17 al 24 dicembre di ogni anno. Durante i Saturnalia , il ruolo di padroni e schiavi veniva invertito, cadevano le regole e i vincoli morali e si eleggeva una specie di re carnevalesco: il saturnialis princeps

Vecchio come Saturno, reggitore del fuoco ed esperto nel mondo dei morti come Hermes, barbuto e signore delle nascite animali come Euclus, compagno di Kerres, entro il recinto sacro dei sanniti, o come Lug, dio celtico che conduce a segno del ritorno della bella stagione, il cinghiale dei boschi, in nome di Sant’Antonio del porcello in Abruzzo continuarono a praticare i loro riti primordiali , fondati su tre elementi, ancora oggi presenti: il fuoco, il cibo, la sacra rappresentazione. (2*)
La sera del 16 gennaio, ovunque Sant’Antonio abbia un luogo di culto, fosse pure un semplice altare, si accendono i fuochi.
Vediamo così le grandi cataste nella Marsica, le torce nel teramano, e i grandi falò nel chietino che ci riportano ad un mondo fatto di rituali e di grande spiritualità, un mondo dove gli elementi venivano omaggiati e rispettati per aver reso possibile la vita dell’uomo.

Rossella Tirimacco

 

Citazioni e fonti:

Maria Concetta Nicolai: “Abruzzo 150 Antiche Feste”

Raimondo G. Russo “Il fuoco di Sant’Antonio” Medioevo e medicina