
Un viaggio nel cuore di una tradizione che attraversa i secoli.
di Luca Martelli
L’inizio della Settimana Santa porta con sé un’atmosfera mistica e sensorialmente viva, in cui ogni città o paese si esprime attraverso odori e colori propri, generati dalle molteplici manifestazioni religiose e di cui ognuna racconta con la sua cultura e identità, una fede condivisa.
L’Abruzzo è da sempre una terra fertile di antichi riti che si perpetuano nonostante il passare del tempo, e di cui vi abbiamo spesso parlato durante i nostri viaggi. Questa volta ci spostiamo a Lanciano, in provincia di Chieti, dove durante la Settimana Santa si svolgono due riti antichissimi: la processione degli Incappucciati, che ha luogo il Giovedì Santo, e quella del Venerdì Santo, forse la più struggente ed evocativa tra le due.
Al calare del Venerdì, le strade di Lanciano si trasformano in un palcoscenico pronto ad accogliere la Processione del Cristo Morto, un rito che attraversa i secoli e le coscienze, custodito con devozione dall’Arciconfraternita della Morte e Orazione San Filippo Neri fin dal 1600.
In origine, però, il Venerdì Santo era animato da una sacra rappresentazione teatrale della Passione, con vere e proprie scene drammatizzate che raffiguravano i momenti del martirio di Cristo. Questo tipo di messa in scena terminò nel 1741, quando i confratelli decisero di sostituirla con una processione, introducendo una statua del Cristo Morto proveniente da Napoli.
Su questa statua si addensa una leggenda affascinante: si narra che non venne affatto acquistata, ma realizzata da una suora di clausura. Colpita dalla perfezione dell’opera appena compiuta, la religiosa sarebbe impazzita per lo stupore.
Che sia verità o racconto popolare, questa storia rivela il cuore del rito: una bellezza sacra capace di toccare le corde più profonde dell’anima.
Tra il Venerdì e il Sabato Santo, oltre 150 confratelli incappucciati, con una torcia accesa tra le mani, aprono il corteo che parte dalla Chiesa di Santa Chiara. Li precede lo stendardo detto Pannarola, seguito dai bambini che ne tengono i fiocchi e dagli adolescenti che portano i simboli della Passione, detti “i Sette Trofei”: la colonna della flagellazione, la corona di spine, la lancia, i dadi, il catino di Pilato, il gallo, la croce e altri oggetti che evocano, come un linguaggio muto, le ultime ore della vita di Cristo.
Momento centrale è il passaggio del Cristo Morto, portato a spalla da confratelli che si alternano nel silenzio, mentre un altro confratello, scalzo e incappucciato, porta la croce nel ruolo simbolico del Cireneo. Nessun estraneo può accollare la statua: è un diritto e dovere riservato ai membri della Confraternita, come attestato da antichi verbali. La figura del Cireneo è interpretata ogni anno da un penitente diverso, la cui identità è nota solo al Priore.
Ad accompagnare la processione, il canto struggente del Miserere, mentre il lento incedere dei passi e le fiaccole che danzano nell’oscurità sembrano sospendere il tempo. L’atmosfera è così carica di intensità che anche chi non crede si ritrova in silenzio, come se il mistero della morte e della rinascita avesse bisogno di spazio e vuoto per essere davvero compreso.
Il corteo si snoda fino a tarda notte, attraversando chiese, piazze dei quartieri storici, luoghi del potere e del popolo, fermandosi per le cosiddette posate: momenti di riflessione accompagnati da brevi sermoni.
A chiudere la processione sono le Consorelle, disposte ai lati delle statue di Maria SS. Addolorata, Maria di Magdala e Maria di Cleofa, portate a spalla dai confratelli. In fondo al corteo, la Priora avanza affiancata dalle consorelle più anziane e meritevoli, conducendo con passo solenne l’ultima parte del rito, seguita da una folla di fedeli che accompagna in silenzio la fine di questo cammino sacro.
Il Venerdì Santo a Lanciano non è un evento, ma un viaggio collettivo nell’ombra e nella speranza. Una testimonianza viva di come il tempo, la fede e la memoria possano fondersi in un’unica, intensa emozione.
In Abruzzo, terra di riti antichi e spiritualità viva, la processione di Lanciano rappresenta una delle espressioni più profonde e autentiche della Settimana Santa. Un invito a rallentare, ascoltare e sentire. A lasciarsi toccare da qualcosa che non si vede, ma che accende, nel buio, una luce interiore.
Luca Martelli, redattore e curatore editoriale per Abruzzo Forte e Gentile.