Il verde d’Abruzzo, la natura a tratti selvaggia e incontaminata, la bellezza dei suoi borghi arroccati come in un presepe sui “cucuzzoli della montagna”, la forza spirituale dei suoi eremi, e il fascino dei numerosi castelli che si ergono come guardiani silenziosi, conferendole il titolo di “Baviera d’Italia”. Le antiche tradizioni millenarie si perpetuano nel mondo moderno, ieri come oggi, e sono sicuramente note a chi si appresta a visitare, o ha già visitato, questa regione. Meno noto ai più è invece l’aspetto leggendario e misterioso di questa terra. Questa volta vi porteremo con noi in viaggio verso Monte Pallano, un luogo in cui storia e mito si intrecciano. Qui, di fronte a imponenti vestigia del passato, non potrete fare a meno di porvi la celebre domanda: come hanno fatto a costruire tutto questo? Erano forse dei giganti? Insieme esploreremo le sue enigmatiche mura ciclopiche, il cui nome è già tutto un programma. Seguitemi…

Ci troviamo a Tornareccio, in provincia di Chieti, dove il Monte Pallano, con i suoi 1000 metri d’altezza, appare come un guardiano del territorio. Il fiume Sangro, che scorre sul suo fianco destro, funge da spartiacque tra un mondo a colori e un mondo in bianco e nero, fluendo in un’eterna danza tra passato e presente. Per gli stessi tornarecciani, “Monte Pallano rappresenta e simboleggia da sempre la ‘madre’, l’origine e la culla dell’identità culturale primigenia di paesi, villaggi e abitati che ruotano intorno al suo territorio”.
Ed è proprio su questo monte, immerso nella natura incontaminata d’Abruzzo, che uno dei misteri della regione viene custodito dal silenzio e tenuto lontano dalla notorietà di un turismo di massa. I villaggi neolitici non sono una novità in questa regione, eppure il villaggio di Pallanum sembra raccontare una storia differente, mentre quell’alone di mistero si trasforma nella voce narrante di una storia antica, raccontata silenziosamente dalle pietre e dalla terra.

Di Zitumassin – Opera propria, CC BY-SA 4.0,
Ci dirigiamo così verso l’Area Archeologica sita sull’altopiano del monte, all’interno della Valle del Sangro. La nostra meta è facilmente raggiungibile dalla strada che collega Tornareccio a Colledimezzo.
Il panorama che circonda Monte Pallano è decisamente suggestivo: una vista mozzafiato sulle vallate circostanti che si estendono fino all’orizzonte, unendo storia e natura in un unico abbraccio.
Salendo verso il pianoro, si arriva in un piccolo avvallamento dove sono visibili i resti di un antico abitato, portato alla luce dagli scavi. Questo insediamento, risalente tra il IV secolo a.C. e il II secolo d.C., si sviluppava attorno a una grande piazza rettangolare, probabilmente il foro, circondata da strutture con varie funzioni. Sappiamo del rinvenimento di frammenti di statue in marmo, che arricchivano la piazza e canali di drenaggio, usati per controllare l’acqua.
AREE ARCHEOLOGICHE ABBANDONATE
Proseguendo verso nord, le celebri mura ciclopiche, o “Mura Paladine”, si ergono in tutta la loro magnificenza. L’area sembra trascurata e a tratti versa in stato di abbandono. Purtroppo, per ragioni che non riesco a spiegarmi, sembra che ci sia una sorta di indifferenza generale, ma soprattutto politica per quanto concerne la storia degli antichi popoli italici. Le varie aree archeologiche che raccontano la storia di un passato fatto di divinità, riti, sacerdotesse e di popoli gloriosi che disponevano di conoscenze andate perdute, versano più o meno tutte o comunque la maggior parte in uno stato di abbandono. Di tanto in tanto arrivano i famosi ‘fondi’ e si procede con qualche lavoro che durerà quanto “la luna di Goriano”, ovvero pochi giorni.
Nel frattempo dopo avervi incuriositi con “la luna di Goriano” che sarà la protagonista di uno dei prossimi articoli, riprendiamo il nostro cammino verso l’area.

COSÍ, UN GIORNO ARRIVARONO GLI ANTICHI COSTRUTTORI…
Questa terra, sappiamo che era abitata sin dal paleolitico, o almeno è quanto ci viene raccontato dalle selci ritrovate nella area, ergo: circa 18-20.000 anni fa. Poi arrivarono le tribù italiche, in particolare i Frentani, una delle antiche tribù sannitiche che si insediarono nell’Italia centrale. Erano questi dei fieri guerrieri fieri e abili costruttori che riuscirono ad esercitare il loro controllo su queste vallate, costruendo fortificazioni come le mura ciclopiche di Monte Pallano per difendersi dalle incursioni nemiche e per affermare la loro presenza in un territorio strategico. La loro cultura, intrisa di rituali e credenze, era profondamente legata al ciclo naturale e ai luoghi sacri che costellavano queste terre.

Oggi, camminando lungo i sentieri che costeggiano le mura megalitiche, si può quasi percepire l’eco dei loro passi e i suoni di antiche cerimonie tribali. Il silenzio che avvolge il sito sembra raccontare di un’epoca in cui il tempo e lo spazio si intrecciavano, rendendo ogni pietra una testimonianza vivente del passato. Ma mentre i Frentani sono ormai svaniti dalle cronache storiche, le loro opere ciclopiche rimangono, sfidando il tempo e invitandoci a riflettere su un passato ancora in parte avvolto nel mistero.
Le mura ciclopiche: architettura e mito
Le mura, sono definite “ciclopiche” poiché prendono il nome dai famosi “ciclopi,” i giganti della mitologia greca che secondo il poeta Esiodo erano che degli esperti artigiani, che si tramandavano le loro grandi abilità nella lavorazione del ferro. Sarà però Omero che ce li presenterà attraverso la figura di Polifemo come un essere mostruoso, e memore dei banchi di scuola lo vedremo accecato come molti ricorderanno da Ulisse.
Quelli, udendo il grido, correvano chi di qua chi di là
e fermi intorno alla grotta chiedevano che cosa lo affliggesse:
“Perché, Polifemo, tanto imprecando, così hai gridato
nella notte ambrosia e ci hai fatto svegliare?
Forse un mortale ti porta via le pecore, senza che tu lo voglia,
o qualcuno ti sta uccidendo con l’inganno o con la forza?”.
A loro, dall’antro, rispose Polifemo possente:
“Nessuno, amici, mi sta uccidendo con l’inganno, non con la forza”.
E quelli rispondendo dicevano veloci parole:
“Se dunque nessuno ti usa violenza e sei solo
non si può evitare il male che viene dal grande Zeus,
ma tu prega tuo padre, Poseidone sovrano”.
(Odissea, IX, vv. 401-412)

Ma riportiamo la nostra attenzione alle mura, queste sono lunghe circa 180 metri e alte fino a 5 metri, il ché non sarebbe un’altezza eccezionale se pensiamo ai grandi monumenti di epoca romana L’aspetto straordinario va però visto nella tecnica di costruzione. I massicci blocchi di pietra, perfettamente incastrati l’uno con l’altro senza l’ausilio di malta, si distinguono per la loro precisione e stabilità. Questi enormi blocchi, talvolta di diverse tonnellate, venivano scolpiti e allineati con una maestria che sfida le conoscenze moderne. Ciò porta inevitabilmente a riflettere circa la capacità degli antichi abitanti di costruire senza l’ausilio di strumenti moderni, impilando blocchi di pietra di dimensioni colossali con una precisione sorprendente. Vien da chiedersi: Come riuscirono gli antichi abitanti a maneggiare simili pietre e a creare una struttura così solida senza macchinari? Chi erano davvero i costruttori di queste mura? E quale significato rivestiva per loro questo luogo? Le risposte potrebbero risiedere non solo nella loro abilità tecnica, ma anche in una profonda connessione con il territorio e le sue risorse naturali, suggerendo che il Monte Pallano fosse molto più di una semplice fortificazione: forse era un simbolo sacro o un luogo di incontro per importanti riti religiosi. Ma le domande spesso sono destinate a non avere risposta, così accade che si normalizzi anche l’architettura più sorprendente e, attraverso una fallacia retorica, tutto venga “apparentemente spiegato”.
Così, basiamoci sulle fonti ufficiali e vediamo cosa ci raccontano.
Teorie storiche e leggende popolari
Secondo diverse fonti, viene menzionata una leggenda secondo la quale le mura furono erette dai paladini di Carlo Magno, la cui funzione era quella di proteggere i punti più vulnerabili dell’altopiano, rendendo il sito un’importante postazione strategica durante le guerre sannitiche.
“La frequentazione antropica sull’altopiano è remota e datata sin dall’antichità. Tra il V e il IV secolo a.C., in epoca italica, si registra una nuova fase insediativa, e sull’altopiano viene realizzata una straordinaria cinta megalitica intervallata da due pusterole: Porta del Monte e Porta del Piano. Dai documenti d’archivio del 1894 emerge la grandiosità dell’opera, che all’epoca presentava cinque ordini di blocchi sovrapposti, un vero e proprio baluardo difensivo e militare, soprattutto in funzione antiromana, ma anche come probabile elemento segnico di prestigio, potere e ricchezza, in un’ottica trionfalistica di autorevolezza e superiorità, per incutere timore e rispetto.
Artefici di questa opera di alta ingegneria furono i Lucani o Lucanati, una tribù che formava un’isola etnica, incuneata fra Pentri, Carracini e Frentani.
Tracce di terremoti sulle strutture murarie e reperti databili fino al tardo impero documentano poi la crisi e lo spopolamento progressivo del sito di Fonte Benedetti (abitato ellenistico che, durante gli scavi, ha restituito pregevoli testimonianze del vissuto economico e sociale della zona).
L’ultimo segmento abitativo è rappresentato dalle capanne a tholos di pietra a secco, costruite nei secoli scorsi dai pastori e sparse su tutto l’altopiano del Monte Pallano, oggi testimoniato un po’ ovunque dai cumuli di pietra.

Questo è quanto viene riportato dalla cartellonistica presente nell’area e che, per facilità di lettura, ho cercato di abbreviare senza tediarvi con i dettagli tecnici. Come si può notare, non ci sono domande o dubbi su come sia stata costruita un’opera simile, solo certezze e normalità.
IL FASCINO DI MONTE PALLANO E LE DOMANDE SENZA RISPOSTE
Alla fine, le grandi domande restano aperte. Le teorie accademiche e i dati storici ci offrono spiegazioni plausibili, e che quasi sempre accettiamo senza dubitare, nel frattempo il Monte Pallano continua a custodire i suoi misteri invitando il visitatore attento a porsi delle domande. Queste pietre, erette con una precisione che hanno sfidato i secoli, parlano ancora oggi un antico linguaggio che solo pochi sapranno ascoltare. Forse è proprio questo il fascino intramontabile di un luogo come questo: non nelle risposte che offre, ma nei dubbi che alimenta.

UN VIAGGIO NEL TEMPO
Forse non sapremo mai con certezza chi fossero realmente i costruttori di queste possenti mura o quale ruolo abbiano giocato nelle vite delle persone che un tempo abitavano questa terra. Ciò che è certo è che Monte Pallano offre a chi lo visita un’esperienza che va oltre la semplice esplorazione archeologica o turistica: è un viaggio nel tempo, in cui la storia e il mito si intrecciano indissolubilmente, lasciando spazio all’immaginazione e alla meraviglia. E così, se vi troverete a camminare tra questi massicci blocchi di pietra, provate a fermarvi un attimo, a osservare l’orizzonte e a lasciarvi avvolgere dalla storia e dal mistero che da secoli abbraccia questo sito. Chissà, magari il Monte Pallano svelerà a voi una verità che a noi sfugge.
© Rossella Tirimacco
Fonti bibliografiche
Ministero della Cultura – Area archeologica di Monte Pallano
Pallanum, le mura megalitiche di Monte Pallano- In Abruzzo
Comune di Tornareccio – Monte Pallano storia e archeologia
Certellonistica area archeologica