“In certe notti, quando il tempo si sospende, il passato e il presente si fondono come ombre che danzano alla luce di una candela.“
Ogni stagione ha la sua bellezza e le sue peculiarità, ogni stagione evoca storie, suoni e colori. Con l’arrivo dell’autunno, i suoni cambiano e si fa presto a passare dalla vivacità del periodo della vendemmia alla quiete silenziosa di ottobre, mese in cui torna il tempo della memoria, del passaggio tra il visibile e l’invisibile, tra luce e ombra. Antiche storie sembrano riprender vita con le candele di zucche accese, dove Halloween, oggi festività globale, fa da padrona in un contesto che sembra non appartenere alla nostra tradizione. Tuttavia, pochi ricordano che le radici di questa celebrazione affondano in tradizioni antiche, condivise anche dalle nostre terre. Prima di Halloween, prima ancora delle influenze esterne, in Abruzzo esisteva il Capetièmpe, una tradizione che unisce passato e presente, un rito contadino che risale a epoche lontane e si lega al Samhain celtico, il capodanno pagano.

Vi è stato un tempo infatti in cui tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, in Abruzzo, i contadini celebravano il Capetièmpe, una sorta di capodanno e una fase di rinnovamento legata alla fine dell’anno agricolo e all’inizio di un nuovo ciclo stagionale. Questo periodo abbraccia diverse celebrazioni, iniziando tra il 31 ottobre e il 1° novembre (vigilia di Ognissanti) e culminando l’11 novembre, giorno di San Martino, legato alla conclusione dei raccolti e al riposo della natura. Ma era questo principalmente un momento di passaggio in cui il mondo dei vivi e quello dei morti sembravano sovrapporsi, dissolvendo i confini tra i due mondi. Proprio come il Samhain celtico, che segnava il capodanno e l’inizio dell’inverno, il Capetièmpe rappresentava un periodo sacro e di transizione stagionale, in cui le anime dei defunti venivano simbolicamente accolte tra i propri cari. Per riceverle, molte famiglie lasciavano la tavola apparecchiata, oppure aprivano la porta di casa, lasciando una luce accesa per illuminare il cammino delle anime, un gesto simile alle rape illuminate che i Celti utilizzavano per proteggere e guidare gli spiriti durante Samhain.
Curiosamente, anche il colore delle rape rosse, usate per le lanterne, aveva un significato simbolico: il rosso richiamava vita, calore e protezione, valori fondamentali per una celebrazione che invocava sia la memoria dei defunti sia la protezione dal male. Nelle antiche tradizioni, infatti, si pensava che il colore rosso potesse respingere o proteggere dal male. La scelta odierna di usare lumini rossi potrebbe dunque derivare da un antico retaggio culturale che vuole aggiungere a questo piccolo fuoco un ulteriore simbolo protettivo di antica memoria, trasformando la luce in un segno di vita, che guida i defunti e protegge chi è ancora in vita.
I resti del banchetto, con una forte carica di significato propiziatorio, venivano distribuiti ai poveri, un atto di carità e rispetto verso coloro che non erano più tra i vivi. In molti borghi, come Sulmona, Pacentro, Pratola e Pettorano sul Gizio, i riti per i defunti comprendevano usanze suggestive e simboliche: i ragazzi si dipingevano il volto di farina e cenere, girando di casa in casa per ricevere le bene, piccoli doni in cibo, come frutta e dolci. Questi gesti rinnovavano il legame tra vivi e defunti e propiziavano la fertilità della terra, un tema centrale anche nel Samhain, dove il passaggio dalla luce all’ombra marcava l’avvio di un nuovo ciclo.

Halloween si inserisce in questo contesto come erede moderno di queste antiche celebrazioni. Oggi, è una festa che ha assorbito vari simboli e usanze di Samhain, come le lanterne (che sono diventate zucche intagliate al posto delle rape), il tema del passaggio tra i mondi, e l’idea di vestire maschere per confondere o allontanare gli spiriti. È diventato popolare soprattutto in America, dove è stato reinterpretato e diffuso globalmente, amplificato dall’immaginario dei film e della cultura di massa.
In Abruzzo, così Halloween è diventata una sovrapposizione moderna sul Capetièmpe, che come il Samhain originale celebra il ciclo di vita e morte in un contesto più spirituale e intimo. Mentre Halloween oggi è per molti un’occasione di festa spensierata e “paurosa”, il Capetièmpe conserva l’aspetto del ricordo e della connessione con i defunti, radicato nelle antiche tradizioni contadine e spirituali locali.
Con il passare del tempo, queste tradizioni hanno subito trasformazioni per adattarsi alle influenze moderne, ma l’essenza del Capetièmpe persiste, intrecciata con le celebrazioni attuali. Il periodo tra il 31 ottobre e l’11 novembre è più che una semplice festa: è un’occasione per ritrovare un senso di appartenenza, riscoprendo le radici e celebrando il ciclo eterno della vita e della morte.
Riscoprire il Capetièmpe significa ritrovare una parte di noi stessi, un filo di memoria che attraversa il tempo e ci lega alla nostra terra e alla nostra storia. Come le ombre che danzano alla luce di una candela, anche i nostri ricordi e le nostre storie continuano a vivere attraverso di noi.
Rossella Tirimacco