CIVITALUPARELLA: I MISTERI DI UN BORGO NASCOSTO TRA STORIA E LEGGENDA (PARTE 1ª)

L’Abruzzo è un territorio avvolto da storie affascinanti, borghi incantevoli e leggende, che sussurrano la loro voce attraverso il paesaggio, l’architettura e le tradizioni, al punto che anche il vento dei suoi monti sembra raccontarle. Mentre molti luoghi godono della luce dei riflettori, ce ne sono altri che, pur custodendo segreti preziosi, rimangono nell’ombra. In questo articolo, ci avventureremo nel misterioso borgo di Civitaluparella, un gioiello nascosto nella provincia di Chieti, arroccato a 900 metri sul livello del mare.

L’articolo che segue data la ricchezza di informazioni sarà suddiviso in due parti. Inizieremo il nostro viaggio esplorando la storia di questo luogo enigmatico, dalle sue origini romane al castello che un tempo dominava il paesaggio circostante. Scopriremo le famiglie nobili che lo abitavano e le leggende che ancora oggi aleggiavano tra le sue pietre. Ma non ci fermeremo qui: nella seconda parte, ci immergeremo nei misteri e nelle tradizioni che avvolgono il territorio, esplorando pratiche antiche e simboli intrisi di spiritualità che parlano di un legame profondo tra l’uomo e la natura. Un viaggio intrigante che promette di svelare non solo la bellezza di Civitaluparella, ma anche il significato profondo che questa terra ha per coloro che la abitano e per quelli che hanno il coraggio di scoprirla.

Seguimi…

L’Abruzzo è foriero di borghi ricchi di storia e bellezza, molti dei quali sono stati inseriti nei circuiti dei “Borghi Autentici” e dei “Borghi più belli d’Italia”. Tuttavia, esiste una parte altrettanto rilevante di borghi meno noti, luoghi che spesso restano nell’ombra, poco pubblicizzati e ancor più raramente esplorati. Come ben saprete, a noi di Abruzzo Forte e Gentile piace avventurarci proprio in quei luoghi “silenziosi”, che custodiscono storie segrete e le sussurrano a chi ha l’animo attento per ascoltarle.

Oggi ti porteremo con noi a Civitaluparella, un piccolo borgo di poco più di trecento abitanti, situato nella provincia di Chieti, a circa 900 metri sul livello del mare, sui monti Lupari. Il paese, come molti altri della nostra regione, è arroccato su uno sperone roccioso, da cui si affaccia sulla media Valle del Sangro, offrendo panorami che mozzano il fiato e che parlano di un tempo sospeso, dove la natura e la storia convivono in armonia.

In realtà, ci siamo trovati qui quasi per caso, in una sorta di giro “per vedere cosa c’è più in là”. E così, cammina cammina (in auto), circondati da una natura selvaggia e incontaminata, percorrendo strade dove incontrare un altro automobilista è quasi un miraggio, all’improvviso una segnaletica ci indica: Civitaluparella.

Una targa all’ingresso del paese con una frase di Pavese

Sebbene il nome di questo piccolo borgo evochi l’immagine del lupo, il toponimo in realtà nasconde un significato diverso. “Civita” è un prefisso che indica un insediamento di origine romana, di cui probabilmente si è perso il nome originario. Il suffisso “luparella”, invece, non si riferisce al lupo, bensì al corso del vicino torrente Parello, preceduto dall’articolo dialettale “lu” (che sta per “il”). Così, il nome del luogo potrebbe significare “Civita del Parello”, almeno secondo quanto riportano i documenti.
Eppure, l’immagine del lupo, cui è dedicata anche una statua nel paese, ci suggerisce che forse c’è dell’altro, qualcosa di più profondo e misterioso che lega il borgo alla sua fauna selvatica e al carattere indomito di queste terre.


Il paese, che conta poco più di trecento abitanti, si presenta a prima vista come un piccolo punto su una mappa immaginaria, uno di quei punti che sembrano non essere troppo importanti. Basta però volgere lo sguardo al panorama intorno per realizzare che a volte le cose importanti si nascondono spesso sotto vesti poco brillanti.


Iniziamo così a guardarci intorno cercando “la storia” del luogo attraverso il suo ambiente e la sua architettura.
Il castello, di cui sono rimaste poche tracce, ci ricorda quel passato dei popoli italici e che ad un certo punto della loro storia per difendersi dalle invasioni barbariche iniziarono a costruire i propri abitati arroccati sui monti del territorio. I castelli divennero così i guardiani di quei popoli indomiti che a suo tempo avevano sfidato Roma.


I Caldora furono i signori che più detennero a lungo il feudo. Di loro si racconta che fossero così influenti poiché avevano legami anche con l’astrologia e la magia, strumenti che utilizzavano per prevedere le battaglie e per proteggere il castello e i suoi abitanti, un po’ come dei Merlino e Artù italiani.

Secondo alcune leggende fu proprio Jacopo, il capitan di ventura vissuto tra il XIV e il XV a far costruire il Palazzo Baronale che si può ammirare sul belvedere e nonostante oggi sia solo una traccia del passato, viene ancora ricordato per essere stato un simbolo di potere e protezione, essendo un punto strategico dal quale i signori controllavano appunto il territorio circostante.

Jacopo Caldora in un disegno di Leonardo da Vinci

Ma dove c’è un castello esiste sempre una leggenda e Civitaluparella non è da meno da tale regola comune. Si racconta infatti che, nei periodi di guerra, il palazzo venisse utilizzato per nascondere tesori, alcuni dei quali non furono mai trovati. Piccola parentesi su questa famiglia che, in Abruzzo è nota praticamente a tutti. C’è un aspetto dei Caldora che viene poco considerato o di cui se ne parla poco, ovvero il loro “legame” con il territorio. Essi infatti, pur essendo una delle famiglie più influenti del Medioevo, non si limitarono a dominare militarmente queste terre abruzzesi.

Il loro legame con il territorio era molto profondo, quasi mistico. I castelli che sorgevano su alture come Civitaluparella non erano solo fortificazioni, ma punti di contatto tra l’uomo e la natura, luoghi in cui la spiritualità si intrecciava con la forza della terra. Le montagne, le valli e i corsi d’acqua, come il torrente Parello, non erano solo difese naturali, ma elementi di un equilibrio molto più grande, una sorta di connessione con le forze ancestrali del territorio.

La statua del lupo che accoglie i visitatori non simboleggia soltanto la forza e l’astuzia, ma rappresenta infatti l’anima selvaggia e spirituale di queste terre, un’anima che i Caldora conoscevano e rispettavano. A dimostrazione di ciò, val la pena fare “un salto” nei luoghi dove pochi anni fa, in alcune grotte furono scoperti dei graffiti che si pensa che possano risalire in epoche tra il Neolitico e l’età del Bronzo e che ampliarono la conoscenza e la storia di questi luoghi… (segue)

Fine  1ª parte

Rossella Tirimacco

La seconda parte del viaggio

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