RITI PASQUALI A SULMONA: LE PROCESSIONI DEL VENERDÌ SANTO

 

 

 

Le statue della processione del Venerdì Santo

 

 

La Settimana Santa a Sulmona è costituita da una serie di riti religiosi che vanno dal Lunedì alla Domenica di Pasqua. Le origini di queste manifestazioni religiose sono molto antiche e sono ancora oggi organizzate dall’Arciconfraternita della SS. Trinità e dalla Confraternita di S. Maria di Loreto.

Il Venerdì Santo si svolgono due processioni.

La prima, detta “del pomeriggio “, è organizzata dalla Confraternita di S. Maria di Loreto.

 

La processione dei lauretani


 

Intorno alle ore 17,00, dalla Chiesa si S. Maria della Tomba (per questo i confratelli sono chiamati “tombisti” o “lauretani”) si snoda la processione di Gesù Cristo morto, con i confratelli (senza la loro tunica bianca con mozzetta verde ma solo vestiti di nero in segno di lutto) che accompagnano le statue del Cristo morto e della Madonna Addolorata, vestita di nero. La processione, preceduta dalla banda musicale che intona la celebre marcia funebre “Una lacrima sulla tomba di mia madre” di Amedeo Vella, attraversa solo le vie del quartiere Borgo S. Maria della Tomba, raggiunta Piazza Garibaldi (che sarà teatro della “Madonna che scappa in piazza” della Domenica di Pasqua), per poi fare rientro nella Chiesa da dove era uscita

La seconda processione, detta “della sera”, è la più spettacolare e suggestiva.

 

La processione dei trinitari

 

E’ organizzata dai confratelli dell’Arciconfraternita della SS. Trinità (detti “trinitari”). Esce intorno alle ore 20,00 dalla Chiesa della SS. Trinità e si snoda per le vie del centro storico di Sulmona. La processione ha inizio con la banda musicale che esegue la marcia funebre del Vella (“Una lacrima sulla tomba di mia madre”) alternandola con quella di Chopin (Sonata n. 2 op. 35 terzo movimento).

 

Il coro

 

Una caratteristica è il passo lento e dondolante dei trinitari, lo “struscio”. Lo struscio – che dà una tipica e suggestiva cadenza a tutta la processione – è gesto penitenziale che trarrebbe origine, secondo la tesi più accreditata, da un antico gesto di contrizione e di implorazione che secondo l’antica tradizione devozionale popolare si compiva entrando in una chiesa o in un santuario strisciando a terra, ritti sulle ginocchia. Residuo di quell’atto penitenziale sarebbe proprio lo struscio dei trinitari.

 

I portatori di lampioni

 

Segue con una fila orizzontale di sette portatori di lampioni processionali (o “fanali” – tipici e caratteristici di foggia settecentesca). Poi un quadrato di quattro portatori di fanali con al centro tre trinitari con il caratteristico “Tronco”. Il “Tronco” è una grande Croce vacua in sughero foderata di velluto cremisi, guarito di tralci d’argento ed un cartiglio alla sommità con la scritta “I.N.R.I.”, l’acronimo posto sulla sommità della Croce a motivare la condanna di Gesù Cristo. Il “Tronco” rappresenta dunque l’Albero della Vita, il patibolo sul quale viene immolato il Figlio di Dio, che da strumento di morte diventa strumento di salvezza per l’umanità redenta dal sacrificio di Cristo. I tralci d’argento rappresentano i frutti della salvezza ed il legame di vita vera tra gli uomini e Dio.

La croce

 

I documenti custoditi nell’archivio dell’Arciconfraternita attestano che il “Tronco” venne costruito da un orafo sulmonese, tale Nicola Gizzi, nell’anno 1752. La data di fabbricazione del pregiato simbolo della processione dei trinitari è incisa, assieme al nome dell’autore, nel retro del cartiglio. Una piccola Croce di Benemerenza è fissata poco al di sotto del cartiglio. È l’onorificenza che i trinitari ricevettero nel 1925 dal Pontefice Pio XI, in occasione della celebrazione dell’Anno Santo.

 

Il Cristo morto

 

 

Altra fila orizzontale di sette portatori di “fanali”. Fila di “fanali” lungo i margini di tutta la strada.

Segue poi il coro, composto da oltre cento cantori (tenori primi, tenori secondi e bassi) che, con l’andatura dello struscio, intonano varie versioni del Miserere ed altri canti sacri (Amplius, Tibi Soli e infine Ecce) che risuonano potenti e gravi per le vie cittadine a lutto, supportati da altra banda musicale.

Segue il coro il parroco officiante a altra fila di portatori di “fanali” lungo i margini della strada.

A seguire la statua del Cristo Morto, portato da quattro trinitari, affiancato da altri quattro confratelli per il cambio. La statua è adagiata su un cataletto (sec. XVIII) sul quale prima della processione i confratelli hanno posato 33 garofani rossi. La statua del Cristo Morto, in legno di olivo, di autore ignoto, la cui realizzazione risale al 1750, è adagiata su un cataletto ornato da una coperta di gramaglie, un velo bianco e ai quattro spigoli da quattro putti in argento che recano i simboli della passione.

Altra fila orizzontale di portatori di “fanali”.

 

L’Addolorata

 

In ultimo dietro al feretro del Cristo, segue la statua della Madonna Addolorata avvolta in un manto nero e il petto trafitto dalla “spada del dolore”, portata da una quadriglia di trinitari affiancata da un’altra quadriglia per il cambio.

Infine seguono i Dignitari e i Confratelli dell’Arciconfraternita della SS. Trinità.

La processione percorre le vie del centro storico e giunta in Piazza Garibaldi, all’altezza dell’Acquedotto Medioevale, si entra nel quartiere della Confraternita di S. Maria di Loreto, per cui i trinitari cedono con un preciso cerimoniale i simulacri ai confratelli lauretani.

 

Le Confraternite sfilano insieme

 

Sul sagrato della Chiesa di S. Maria della Tomba attendono il Vescovo, le Autorità civili e militari e i Dignitari della Confraternita di S. Maria di Loreto che seguiranno la processione fino al rientro.

Uscita dal quartiere della Tomba, i lauretani riconsegnato i simulacri ai confratelli trinitari. I lauretani sfilano insieme ai trinitari fino al rientro nella Chiesa della SS. Trinità. Suggestivo è anche il rientro della processione: tutti i confratelli con i “fanali” si dispongono attorno al portale e assistono al rientro del Tronco, del Cristo e dell’Addolorata (quest’ultima rientra rivolgendo il viso verso i fedeli).

Dopodiché I battenti della Chiesa vengono chiusi.

 

Antonio La Civita

 

Foto: dal web