PENNAPIEDIMONTE

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Alle pendici della Majella, tra le montagne più suggestive del centro Italia, è Pennapiedimonte “la Pinna ai piedi del Monte”. Estende il suo territorio sul versante orientale del Parco Nazionale della Majella, per 47,2 Kmq, da un’ altitudine minima di mt 250 s.l.m. località “Laio”, ad una massima di mt 2692 “Monte Focalone”. Il centro abitato, situato a quota mt 669 s.l.m. su di un irto costone a picco sulla valle del fiume Avello, è caratterizzato da case costruite in pietra locale, scavate in parte nella viva roccia. La loro disposizione a gradinate, con strette vie, di cui alcune percorribili solo a piedi, con gli elementi stilistici dei cornicioni, dei capitelli, dei portali, delle sculture in pietra lavorata, costituiscono un patrimonio architettonico unico e di enorme pregio, segno dell’attività un tempo fiorente di ricercati maestri scalpellini.

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La leggenda vuole che il Paese prenda origine da un villaggio indigeno denominato “Pinna dei Frentani”, poi chiamato “Penna”, ed infine Pennapiedimonte, in riferimento alla sua posizione pedemontana. “Pinna” ed “Avella” vengono nominate da Silio Italico (101 d. C.), nell’ 8° libro delle guerre Puniche, per indicare i “Frentani” nella rassegna degli eserciti alleati con Roma. L’antica Pinna, appollaiata allo sbocco della gola dell’Avella, includeva anche i villaggi di “Famocchiano”, (Fanulum Jani =Tempietto di Giano), verso Guardiagrele e “Ugno”, (omnium = di tutti), dalla parte opposta, verso Palombaro. Famocchiamo è scomparso a seguito della formazione dei “serroni” o calanchi, nella valle del Laio. Gli abitanti di Ugno, invece, si ritirarono intorno al 1300 quasi tutti a Penna e qualcuno nei centri vicini. Rimane oggi il sito completamente disabitato detto “Piana d’Ugni”, ricco di frammenti dell’antica civiltà, in particolare terraglie dell’epoca romana e numerose tombe.
Nel III secolo a.C., i Romani sottomisero al loro potere tutto il territorio abruzzese e quindi Pennapiedimonte. I Romani, appena ebbero preso possesso di queste terre, anzitutto imposero le loro leggi e i loro costumi e poi portarono a Pennapiedimonte eserciti, pastori e coloni in stabile dimora. Consolidarono il paganesimo e poi il Cristianesimo e posero nuovi nomi ai temton corconvicini. Infatti Pennapiedimonte, che allora si pronunciava Pinna (latino) la chiamarono “Pinna dei Frentani”; l’antichissimo Caprafico, fu chiamato “Roma Frentana”; l’attuale “Piano di Casoli” fu chiamato “Piano la Roma”; il vicino fiume di Casoli divenne fiume Aventino; sulla montagna di Pennapiedimonte località oggi “Piano la Civita”, fu fondato un villaggio chiamato “Civitas Pinnae” dove furono stanziati pastori romani.

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A Pennapiedimonte stessa, nei pressi della piazzetta Garibaldi, costruirono “la torre Romana”, ancora in piedi. Questa torre aveva il compito di fungere da fortezza, come la “piazzaforte” della piccola Roma Frentana (Caprafico) e serviva per uffici di comando, da magazzino e da osservatorio. Inoltre, nel 1932 nel Vallone di Selva Romana, fu ritrovata una moneta di Roma in bronzo del III secolo a. C., un “Triente”. Nel 1982 in località Fontana, nei pressi dell’attuale cimitero, é stata riportata alla luce una Necropoli Italica con tombe e reperti databili fra il IV e V sec. A.C. L’Impero Romano decadde, vennero le invasioni barbariche, le dominazioni straniere, le guerre, i saccheggi, le stragi e le persecuzioni di ogni genere ed anche Penna che, pur trovandosi lontano da strade di passaggio e sperduta tra i boschi, ebbe a sopportare molte angherie e soprusi. Fu allora che tutta la popolazione Pennese, sparsa per borgate e campi, fu costretta ad abbandonare ogni cosa e rinchiudersi dentro Pennapiedimonte, considerata “Castellum natura munitum” (castello creato dalla natura), che offriva una certa sicurezza e possibilità di essere uniti per la difesa. Ancora oggi, la parte bassa del paese viene chiamata “Castello” pur non essendoci stata mai ombra di castello in quei paraggi.
Questo stato di cose durò per quasi tutto il medioevo e fu così che, eccetto Penna, tutte le antiche borgate coi relativi insediamenti scomparvero. Famocchiano, che era diventato un grosso borgo, fu smembrato e frantumato anche a causa degli spettacolari “serroni” o “calanchi” venuti fuori in seguito a violenta trasformazione del terreno alle sorgenti del “Satrosso”. Ugno rimase in parte in piedi fino al 1300, quando fu abbandonato definitivamente per mancanza di fortificazioni, per franamenti e per enorme sviluppo di formiche. Così dicasi per “Civitas Pinnae” e per il “Borgo Lucina”.
Fu soltanto verso il 1400-1500, quando, tornata un po’ di libertà, fu possibile di nuovo uscire all’aperto e tornare a vivere sulla terra; così sorsero nuove borgate e nuovi casolari e, naturalmente, essendo in pieno Cristianesimo e dato l’atavico carattere religioso dei Pennesi, si crearono in queste nuove borgate chiesette, cappelline ed altari. Qualcuna sorse sulle rovine degli antichi tempietti pagani, altre furono create di nuovo. Queste entità raggiunsero il numero di sette e venivano chiamate “le sette Comunità religiose di Penna”. Queste comunità erano semplici associazioni che tenevano uniti i paesani intorno ad una entità religiosa. Ma, dopo un paio di secoli, data la poca consistenza di queste costruzioni, anch’esse andarono quasi tutte in rovina e si disfecero; soltanto quella del centro è rimasta in piedi fino ad oggi. Tuttavia, mentre quelle si disfacevano, altre borgate sorgevano con costruzioni più solide e comode come Pisavini, Capolegrotti e Vicende; queste si ingrandirono e continuano a vivere.

@ Comunità Montana della Maielletta zona “P” Pennapiedimonte, Guida lnterattiva al Territorio, Aprile 2000.
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