OCRITICUM: A SPASSO NEL TEMPO ALLA SCOPERTA DI DIVINITÀ, MITI ED EROI

Nel silenzio di questa valle, percepiamo il richiamo di luoghi che fanno parte di quel nostro passato fatto di divinità, miti ed eroi… ed è in quel passato che spesso ritroviamo noi stessi.

Estate, tempo di vacanze, e soprattutto tempo di escursioni e vita all’aperto, così questa volta abbiamo deciso di recarci a visitare un sito archeologico posto alle pendici del Colle Mitra e, più lontano, del complesso della Majella. Si tratta di Ocriticum, un’importante area archeologica, individuata da più di mezzo secolo fa, a qualche chilometro da Cansano, posta su un pianoro che, circa duemila anni fa, ospitava uno dei villaggi del territorio amministrato da Sulmona. Grazie alla favorevole posizione in cui il sito era ubicato, in corrispondenza della Via Claudia Nova, strada che collegava l’area peligna e quella sannitica, qui si svilupparono una centro abitato, una necropoli ed un santuario.

 

Il percorso che conduce al tempio.

 

La zona raggiunse il massimo splendore tra la fine del IV sec a.C. e la metà del II sec. d.C.; in seguito, nel II sec. d.C. a causa di un violento terremoto, o almeno così si presume, l’area fu progressivamente abbandonata e dal VII sec. d.C. il silenzio calò su Ocriticum, lasciando che la natura lentamente riprendesse il suo posto, seppellendo così un pezzo della nostra storia tra rovi e arbusti.

 

Un panorama che lascia senza parole…

 

Ciò che restava delle antiche strutture, continuarono ad essere ancora a lungo utilizzate, anche se per usi diversi. L’avvento del Cristianesimo, oramai affermato in tutta la penisola, aveva infatti offuscato la memoria popolare di quelle che un tempo furono le loro divinità e con esse anche i loro templi subirono la stessa sorte, non più zone di culto ma  forse rimesse agrarie, quello che restava del tempio di Giove probabilmente utilizzato come riparo per i pastori e l’area intorno al tempio si trasformò in un luogo di sepoltura.

 

Quante persone si sono succedute in questi luoghi? In quanti chiedevano la protezione a Giove? Intorno a me percepisco un’atmosfera quasi irreale… magica e nel contempo mistica…

Ho sempre creduto che nulla può essere sepolto per sempre, soprattutto la nostra memoria, e ciò che la natura “copre”, presto o tardi riemergerà dalla terra stessa, obbligandoci a rileggere il nostro passato.
Camminando in questi luoghi, tra arbusti e fiori selvatici è come viaggiare a ritroso nel passato, volgo lo sguardo intorno a me e, lentamente tutto inizia a movimentarsi, odo voci di gente che si reca nel santuario, antiche sacerdotesse mi si parano innanzi agli occhi e statue di divinità sono sparse un po’ ovunque. La voce di mio marito mi riporta al presente e, anche se vorrei passare ore ad immaginare i fasti del passato, è il caso di camminare e goderci questo magnifico spettacolo che la natura ci offre.

Semplici fiori che sanno di magia!

 

        La valorizzazione del sito

A cavallo tra il ’99 e il 2001, grazie ai fondi dell’Unione Europea, la Sopraintendenza dei Beni Archeologici dell’Abruzzo, cercò di valorizzare il sito presentando un progetto di restauro e valorizzazione dello stesso. Venne quindi acquistato ex casello ferroviario, ristrutturato e adibito come punto di sosta per il Treno dei Parchi, come centro accoglienza e come ostello. Venne quindi inserito nel progetto (e realizzato) un Centro di Documentazione nel paese di Cansano, con una sala espositiva dove oggi possiamo ammirare una gran parte dei reperti rinvenuti durante gli scavi.

L’ingresso del sito

              L’Hortus delle dee

Il santuario oggi appare terrazzato su due livelli, su quello superiore si trovano i templi dedicati a Giove e ad Ercole, l’eroe divinizzato, mentre su quello inferiore era stato edificato un sacello sacro dedicato alle divinità femminili Venere e Cerere (ricordate la storia di Proserpina? La dea agreste rapita da Plutone e condannata a vivere per sei mesi negli Inferi e sei mesi sulla Terra, beh, Cerere era la madre).

Una delle bacheche dove viene illustrata la storia del tempio di riferimento.

Un deposito votivo ha rivelato inoltre, una serie di reperti in bronzo, ferro, terracotta e oro databili tra la fine del IV sec. a.C. ed il II sec. d.C. Si tratta di statuette, teste votive e raffigurazioni di buoi in terracotta, oggetti in bronzo, monete, fuseruole, parti anatomiche realizzate in argilla, pesi da telaio, balsamari. Una statuetta che rappresenta l’abbraccio tra Cerere e Proserpina, le divinità legate ai cicli stagionali nel mito del passaggio della giovane agli Inferi e al suo ritorno primaverile sulla terra, ha fornito alcuni elementi che concorrono a delineare gli aspetti religiosi di queste architetture sacre. ( fonte Abruzzo Cultura sito della regione Abruzzo)

L’esistenza di una comunità di sacerdotesse nell’area peligna operanti nel culto di Cerere e Venere sono testimoniate da numerose iscrizioni conservate nel Museo Archeologico di Sulmona. Ma poco è ciò che resta, qui a Ocriticum di quello che un tempo fu un magnifico tempio.

        Il Tempio dedicato ad Ercole

Proseguiamo il nostro “viaggio” e sostiamo per un pò allo spazio dedicato ad Ercole; la mente subito corre alla storia del famoso eroe e alle sue dodici fatiche con le quali vinse l’immortalità, la stessa immortalità che raggiungerà ogni essere umano dopo che avrà compiuto su questa Terra… le proprie personali “dodici fatiche”. Il tempio, è chiaramente attribuibile al nostro eroe, sia per le statuine in bronzo che lo rappresentano, rinvenute dal De Nino nelle vicinanze, sia per altri rinvenimenti che ne attestano il culto.

 

Una porzione degli scavi

 

         Il Tempio di Giove

 

La presenza di Giove nel santuario in epoca romana, è stata avvalorata dalla scoperta all’interno del sito di un cippo funerario in calcare, che i Cultori di Giove di Ocriticum dedicarono nel I sec. d.C. a Sesto Paccio Argynno. L’iscrizione conserva la testimonianza e attesta la la presenza dei Cultores Jovis presso il santuario in prossimità del colle Mitra. Per tale ragione viene avvalorata l’ipotesi dell’identificazione del sito come Iovis Larene e segnata, tale la sua importanza, sulla Tavola Peutingeriana, un antico itinerario stradario, oggi conservato presso la Hofbibliothek di Vienna, in Austria.

 

Un’altra porzione degli scavi, questi sono di epoca romana.

 

Tra una chiacchiera ed un’altra, tra foto e antiche memorie il sole sta ormai tramontando, ci incamminiamo lungo il sentiero per riprendere l’auto. Non ci sono parole per poter descrivere ciò che provo, il canto degli uccelli fa da padrone in questo luogo “sacro” accompagnando i nostri passi e sostituendosi ai nostri silenzi, necessari per metabolizzare tanta bellezza e misticismo. Volgo lo sguardo dietro di me, ringraziando quegli antichi popoli per avermi dato l’opportunità di poter respirare quella loro energia… che vive ancora qui ad Ocriticum.

 

Forse gli dei… vanno a dormire con il sole…

 

Ah, dimenticavo: Parte dei numerosissimi reperti rinvenuti durante le campagne di scavo effettuate tra il 1992 e il 2005, è esposta nel Centro di Documentazione e Visita di Ocriticum nel paese di Cansano. Esposizioni dei materiali provenienti dal sito di Ocriticum sono presenti anche nel Museo Archeologico di Sulmona e nel Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Villa Frigerj a Chieti.

 

Verso casa, arrivederci al prossimo articolo!

 

articolo di Rossella Tirimacco

Foto di Abruzzoforteegentile