“IL FUOCO” DI SANT’ANTONIO

 

É consuetudine il 17 gennaio, in diverse zone d’Abruzzo, nella giornata dedicata a Sant’Antonio Abate accendere enormi falò in onore del santo, in quanto, secondo i racconti popolari e a seguito di numerosi miracoli da egli compiuti gli venne attribuito il patronato dell’ignis sacer (sacro fuoco).

Nel Medioevo venivano infatti indicate con questo nome l’infezione da virus dell’Herpes zoster e l’intossicazione dal fungo Claviceps purpurea, due malattie che condividono una gran parte dei sintomi, in particolare i dolori simili a quelli provocati da una bruciatura.
Durante il Medioevo l’Europa venne colpita a più riprese da diverse epidemie, tra le tante, spicca quella del 944 che esplose a Parigi, flagellata da un’epidemia gravissima “l’ergotismo” conosciuto appunto come “fuoco sacro”. Si trattava di un’intossicazione alimentare causata dalla farina contaminata dal fungo Claviceps purpurea (segale cornuta).

L’Herpes Zoster è un’eruzione cutanea causata dal Varicella-Zoster-Virus (VZV), appartenente alla famiglia degli Herpes virus: come si può intuire dal nome, è lo stesso virus che provoca la varicella in età pediatrica. Il virus è capace di rimanere inattivo nel tessuto nervoso (per esempio nei nervi cranici o nel midollo spinale) ed è possibile che si riattivi ad anni di distanza, scatenando l’herpes zoster, comunemente definito Fuoco di sant’Antonio.

Ed è proprio in questo contesto storico che si inserisce la figura del santo. Egli nasce in Egitto da una nobile famiglia, in giovane età decide di ritirarsi in un fortino ai margini del deserto, dove si dedicherà alla lettura delle Sacre Scritture e all’ascesi che lo porterà ad allontanarsi dai vari piaceri della carne per condurre una vita contemplativa. Dopo una vita trascorsa nella preghiera, muore il 17 gennaio all’età di 105 anni nel 357 nella Tebaide dove venne sepolto dai suoi discepoli in un luogo segreto. Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le sue reliquie, le sue reliquie furono traslate ad Alessandria, in seguito a Costantinopoli e infine a Motte Saint Didier, in Francia, dove venne costruita una chiesa in suo onore grazie ad un gruppo di benedettini dediti alla cura dei poveri e dei pellegrini. Ed è proprio in questa zona che la storia del nome “fuoco di Sant’Antonio” inizia a diffondersi, poiché è proprio a Motte Saint Didier che iniziano ad affluire i pazienti affetti da Ignis sacer.

La tentazione di sant’Antonio (Matthias Grünewald 1480 ca-1528) “La tentazione di sant’Antonio” è un’opera monumentale destinata appunto all’altare della chiesa del monastero dedicato a sant’Antonio di Isenheim. Nella scena rappresentata il santo è a terra accerchiato da figure mostruose, animali enormi che emergono come incubi da un paesaggio fantastico rasserenato nel fondo dalla presenza degli angeli. Ed in basso una creatura sofferente con i segni del fuoco di sant’Antonio (qualcuno afferma invece sifilide) in preda a spasimi dolorosi.

In seguito, la fama del santo quale guaritore di questa malattia crebbe al punto tale che favorì la nascita della confraternita religiosa dell’ Ordine Ospedaliero degli Antoniani. la quale si dedicò alle cure di tutti i malati ed i pellegrini con particolare attenzione all’assistenza dei malati affetti dal Fuoco Sacro. Sarà Papa Urbano II nel 1095 ad approvare l’Ordine accordando alla confraternita il privilegio di allevare maiali per uso proprio ed a spese della comunità. Il loro grasso veniva infatti utilizzato per curare l’ergotismo che proprio in questo periodo prese il nome di male di Sant’Antonio.
La probabile guarigione di alcuni ammalati portò quindi ad accrescere la fama del santo e agli attributi iconografici originari “il bastone a forma di tau con in cima la campanella eremitica”, si aggiunsero il fuoco e il maiale.
In seguito, il patronato del santo, attraverso il pensiero magico popolare, si estese dal maiale a tutti gli animali domestici, e il fuoco epidemico dell’ignis sacer lo rese preservatore anche dei pericoli degli incendi.

Rossella Tirimacco

Citazioni e fonti

Ignis Sacer

lMatthias Grünewald ed il “fuoco di sant’Antonio”

Il Fuoco di Sant’Antonio