FORCA CARUSO, LA FORZA DEL VENTO TRA MISTERI E LEGGENDE

 

 

 

 

Forca Caruso è un valico dell’Appennino abruzzese, che fa parte dei territori della provincia dell’Aquila. Posto ai margini meridionali del gruppo montuoso del Sirente, raggiunge quota 1100 m s.l.m. e mette in collegamento la piana del Fucino, nella Marsica, con la valle Subequana e la valle Peligna.
Il valico, anticamente rivestiva un ruolo strategico per le vie di comunicazione. Fin dal IX secolo a.C., e dall’età romana fino al secolo scorso, il passo rappresentava un punto cruciale per i collegamenti da Roma ad Aternum- inoltre per secoli è stato l’unico passo tra il mar Tirreno ed il mare Adriatico attraverso la strada statale 5 Via Tiburtina Valeria-
Ed è proprio grazie alla sua posizione strategica che il valico è stato nei secoli teatro di battaglie. Proprio in questi luoghi, nel 937 schiere armate di Marsi e di Peligni, guidate da Berardo detto “il Francisco”, affrontarono gli Ungari in una cruenta battaglia per il controllo del commercio, mentre durante il XIX secolo, il passo fu al centro delle vicende legate al brigantaggio.

Oggi il valico ha perso la sua importanza, la realizzazione dell’autostrada ha tagliato fuori diverse località un tempo strategiche. Così, inoltrarsi verso Forca Caruso, è un po’ come entrare in un mondo lontano, accompagnati dall’ululato di un vento che soffia fortissimo- Augurarsi di non restare con la macchina in panne in questi luoghi, è d’obbligo. Anche se non ci sono più i briganti, ma l’aria che si respira intorno, che ricorda quei tempi passati, e l’assenza di segnali telefonici, rendono il luogo misterioso e a tratti oscuro.
In un luogo simile non poteva  quindi mancare la leggenda di contorno, raccontata da Thomas Di Fiore  pubblicata su Neve Appennino dal titolo  “Il dramma tra le lande di Forca Caruso”

La leggenda locale vuole che un giovane di ritorno dal mare, in una sera di Luglio, mentre infuriava un forte temporale lungo quella zona, fece si che dovette fermarsi perché non riusciva a proseguire con la sua auto. Si fermò dinanzi al casolare e vedendo una fioca luce, di una lampada ad olio, vi entrò. Una bellissima donna, una pastorella, unica abitante del luogo, alla vista del giovane, scappò ritirandosi in una stanza appena dietro. L’uomo la seguì, la toccò, la strinse fortemente verso di sé, portandosi insieme sul letto di paglia, ed abbandonandosi ad un piacere sicuro per lui ma non del tutto per la pastorella…

Quando il giovane ripartii, sussurrò alla ragazza che sarebbe tornato la sera dopo, alla stessa ora e si allontanò.

Detto fatto, la sera seguente si riportò alla cascina di Forca Caruso. Vide sempre, come la sera prima, la lampada ad olio illuminare la stessa stanza, ma…si spense di colpo, lasciandolo un secondo titubante sulla situazione che stava accadendo. Di colpo sentì delle braccia stringersi sul suo corpo e di conseguenza la sua mano divenne umida…qualcosa da parte di qualcuno lo aveva ferito a morte ed il sangue usciva senza accennare a diminuire.

Gridò in aiuto, un urlo straziante, terribile, di chi sa che sta per morire e riuscì a vedere tra le tenebre la bellissima giovane pastorella che impietrita lo fissò. Poi morì.

Un giovane alto, forte e robusto, lo aveva colpito a morte, vendicandosi per quello che aveva fatto alla sua donna la sera prima. Lei si strinse a lui e rimasero così per tutta la notte.

All’alba una pattuglia di carabinieri lo portò via, sotto lo sguardo e le lacrime della sua donna, che non lo vide mai più.

Nella solitudine, la pastorella negli anni a venire, continuò sempre a pascolare il suo gregge, mentre il tempo fece sfiorire la sua bellezza fino a quando scomparve anche lei.

Thomas Di Fiore