IL CARNEVALE E IL PULCINELLA ABRUZZESE, STORIA DI UN’ANTICA TRADIZIONE PAGANA

 

 

Chieti. Carnevale 2011

Il Carnevale abruzzese è una festa complessa di grande valore storico. Un’eredità ingiustamente smorzata dai modelli consumistici. Mentre una volta era diffusissimo, attualmente il carnevale antico è rappresentato solo in alcuni comuni teatini e non tutti gli anni (Castiglione Messer Marino, Schiavi d’Abruzzo, Vasto, San Vincenzo di Guardiagrele, Palombaro). E non mancano punti in comune con i carnevali tradizionali di paesi lontani (Paesi Baschi, Piemonte e Sardegna).

 

Il Carnevale a Schiavi d’Abruzzo. Ogni anno l’antico borgo medioevale propone un’antica festa con i Mazzaroni (l’marraroun in dialetto locale). I Mazzaroni sono i giovani del paese, che indossano un caratteristico copricapo, il Cimiero (C’mir) di varie forme, ricoperto di colorati fiori di carta e nastri (zagarelle).


Spettacolare quanto gli altri carnevali ma più partecipativo perché di orgine corale. Nella storia è stata una festa di transizione e trasformazione, di rovesciamento delle parti, di sacrificio e purificazione, di ristabilimento dell’ordine delle cose. In questi significati profondi persi nel corso degli anni, si cela il più elevato valore culturale della ricorrenza. La quantità e il significato dei simboli suggeriscono che il carnevale abruzzese, in origine, sia stato una festa propiziatoria della ripresa vegetale dopo la stasi dell’inverno. Infatti, la cicerchiata nasconde forti significati profondi: i grani ricordano il potere germinale dei semi e la forma circolare allude all’eterno rinnovarsi del ciclo naturale.

La cicerchiata

Le feste iniziano dopo le celebrazioni in onore di Sant’Antonio Abate. Dei tre giovedì (degli amici, dei parenti e grasso), solo l’ultimo è sopravvissuto. Durante questo periodo proliferavano i saltarelli (chiamati anche trescunë). La mascherata è un’usanza trasversale con varianti poco conosciute. Quella più comune in Abruzzo consiste di varie fasi: il canto dei mesi (mesciarule, mascherata dei mesi) e il palo intrecciato (danza propiziatoria eseguita fino al primo maggio avvolgendo e svolgendo nastri colorati intorno a un palo), la carnevalata (messinscena di origine medievale), la morte di Carnevale (scaccione nella versione meno cruenta), il funerale e il rogo di Carnevale e cortei di caccavelle (dal lat. caccabus = pentola) al grido di “fora fora carnuvale” (significato apotropaico).

I protagonisti del Carnevale abruzzese

Per tradizione, i protagonisti sono: Re Carnevale, la Vedova (interpretata da un uomo), il Dottore, il Notaio, i Carabinieri e lo Speziale.

Re Carnevale è l’approssimazione satirica di personaggi politici e storici. Viene vestito da boss o potentato con interpretazioni che variano dalla caricatura bonaria alla smodata negatività. Rappresenta l’anno passato ed è un simbolo di distruzione-creazione. Il rogo del fantoccio conclude un ciclo naturale e ne inaugura un altro in preparazione della primavera ventura, fecondando la Terra con le proprie ceneri.

Tra tutte le figure della festa, meritano particolare attenzione i Pulcinelli abruzzesi bianchi e colorati perché, oltre ad essere i più ancestrali, rivelano la natura semidivina del rinnovamento vegetale. Infatti, presentano un enorme copricapo conico fiorito, ornato da zagarelle (nastri e lacci) e indossano un abito ricco di simboli di potere (mazze fiorite e fruste). Presiedono allo svolgimento delle feste e, simbolicamente, al riassetto dell’ordine naturale delle cose: morte-vita, inverno-primavera, buio-luce, etc.

L’abito del Pulcinella abruzzese

 

 

Di foggia variabile, realizzato con materiali di recupero, l’abito in genere è costituito da una casacca in tela ampia con bottoni (forse un richiamo ai semi). Pantaloni ampi e diritti. Solitamente la stoffa è bianca ma, raramente, l’abito può essere colorato (in genere di rosso). Indispensabile il fischietto. Nelle cuciture delle maniche e del pantalone sono inserite delle frange o strisce rosse (riferimento simbolico ai germogli). Il tutto è arricchito da toppe colorate e specchietti (simboli floreali).

A sottolineare la predisposizione al comando e la natura disciplinante sono gli stivali, un grosso cinturone, una bandoliera, sciarpe pendenti sul petto, campanacci e bubboli (sonagli tondeggianti simili a quelli dei mammuttones sardi), frusta lunga, spada o bastone decorati e infiocchettati. Il viso può essere tinto di nerofumo per rappresentare la presenza di un’entità semi-divina. Ma ciò che li rende inconfondibili sono i colossali cappelli conici, simbolo del legame tra terra e cielo, fisico e metafisico.

Quanto all’origine del personaggio, è più probabile che la maschera di Pulcinella sia stata trasmessa alla commedia dell’arte dal mondo tradizionale che viceversa. Infatti, mentre nella commedia dell’arte assume un ruolo umano, nella tradzione riveste un significato semi-divino legato a una figura vegetale come il Majo, suggerendo una probabile anteriorità storica.

Approfondimento del Prof. Francesco Stoppa, CATA UDA e Compagnia Tradizioni Teatine

(Centro Antropologico Territoriale Abruzzese per il Turismo – Università G. D’annunzio di Chieti-Pescara)

 

 

Fonte: http://www.ortonanotizie.net/focus/tradizioni/1829/il-pulcinella-abruzzese-e-il-carnevale-nella-tradizione